In questa guida spieghiamo come cardare e filare la lana in casa. Se la lana è un materiale che vi piace, ora potrete imparare a filarla e a tesserla, a creare oggetti utili o semplicemente decorativi, dal pesante indumento invernale all’arazzo.
Quando si parla di lana si intende sia il pelo di pecora sia quello di capra, di cammello o anche di lama. Qui parleremo solo della lana di pecora, facilmente reperibile presso un allevatore dopo la stagione della tosatura, oppure in magazzini specializzati,
La scelta
Come scegliere la lana migliore? Esistono varie qualità di lana, a seconda del tipo di pecora da cui proviene, dell’età, della parte del corpo utilizzata. La lana deve essere fine, morbida e di una certa lunghezza; comprimetene un batuffolo in una mano: riaprendola, la lana deve riacquistare il volume precedente.
La lana migliore proviene dalle spalle della pecora, poi, in qualità progressivamente meno pregiata, dai due lati superiori della schiena, dalla sommità della schiena, dal collo, dai fianchi. Il ventre, le zampe e la regione della coda danno lana di qualità poco pregiata e vi sconsigliamo di usarla (fig. 1).
Non mischiate mai lana buona con lana mediocre, né acquistate lana infeltrita a causa dell’umidità, della muffa, o perché conservata male.
Se volete cominciare a filare voi stessi, non acquistate mai lana di agnello nato in primavera e tosato nella stessa annata o all’inizio dell’autunno: il pelo è molto corto e difficile da filare. Altrettanto sconsigliabile è la lana di montone: è ruvida e puzza.
A seconda di cosa volete farne, potete scegliere tra lane bianche, beige, grigie, bruno rosse e bruno nere. Oltre a questi colori esistono numerose sfumature. Volendo tingerla, scegliete lana bianca; ma è molto interessante giocare sui differenti toni naturali delle lane, belli per la loro semplicità.
Se acquistate un mantello intero da un allevatore e volete conservarlo per qualche tempo, per prima cosa pulite bene la lana, quindi mettetela in un sacco di iuta senza comprimerla troppo. Chiudete il sacco e appendetele, in una cantina o in un ambiente che non sia esposto al calore.
Conservate sempre la lana nel suo untume, cosí sarà protetta dagli insetti, dalle tarme e dai roditori. L’untume è un liquido grasso, con un odore molto forte. Protegge la lana dall’umidità e dalla polvere perché è impermeabile.
La cardatura
La cardatura è la pettinatura della lana; è un procedimento indispensabile, a meno che la lana sia già bella, con i peli tutti in un senso e poco mischiati. Se si osserva un pelo di pecora al microscopio, si nota che somiglia a uno stelo dal quale partono squame semicircolari: grazie a queste squame i peli si attaccano gli uni agli altri al momento della filatura. Ma per ottenere questo effetto occorre che i peli siano tutti nello stesso senso e siano stati prima cardati, ossia pettinati.
Prima di iniziare la cardatura indossate un grembiule per proteggere gli abiti.
Gli scardassi (fig. 2) sono tavolette di legno rettangolari, leggermente concave, con un piccolo manico, munite di denti d’acciaio dalle punte arrotondate. Potete costruire da voi piccoli scardassi piani, purché siate in grado di arrotondare in modo regolare le punte dei denti.
Come usare gli scardassi
Prendete uno scardasso in ogni mano e ponete un bioccolo di lana sullo scardasso di sinistra, dove sporgono le punte. Stirate il bioccolo con lo scardasso di destra muovendolo dall’alto in basso. Lo scardasso di destra avrà preso tra i suoi denti un po’ di lana dello scardasso di sinistra. Fate risalire allora lo scardasso di destra su quello di sinistra dal basso verso l’alto (fig. 3).
La filatura
L’arte della filatura è antichissima: con ogni probabilità è stato osservando la natura e come le fibre vegetali siano naturalmente torte, cosí da offrire maggiore resistenza e robustezza, che gli uomini ebbero l’idea di torcere fibre vegetali per ottenere un materiale più lungo e elastico; in seguito fecero altrettanto con il pelo di certi animali. Per filare utilizzavano allora solo le mani: la sinistra teneva le fibre, la destra le faceva scorrere fra le dita per torcerle. Raggiunta una certa lunghezza, il filo veniva arrotolato su un pezzo di legno per formare un gomitolo. Un grande passo avanti si ebbe quando l’uomo si accorse che, facendo ruotare il pezzo di legno attorno al proprio asse, i fili si avvolgevano attorno al legno e nello stesso tempo si torcevano. In questo modo nacque il fuso (fig. 4) e quindi, nel medioevo, il filatoio a pedale: la tessitura apre l’era industriale.
Il fuso
Il modo più semplice per filare è quello mediante il fuso. Potete farlo da voi con un bastoncino di legno di circa 30 cm di lunghezza e da 2 a 3 cm di diametro. Affilate col coltello le estremità, quindi, a metà della lunghezza, fate una tacca circolare profonda circa 3 mm. Levigate il legno con carta vetrata di grana fine cosí da renderlo perfettamente liscio affinché la lana non vi si impigli. Fissate a un centimetro da una estremità un piccolo gancio di metallo, che servirà a trattenere o a lasciare libero il filo nei due tempi della filatura.
Volendo, si può costruire col coltello o con lo scalpello un fuso che abbia a una estremità una rondella di legno, in modo da avere un peso maggiore alla sua base.
La filatura consiste nel torcere i peli della lana tratti dal bioccolo cardato. Utilizzate, come già abbiamo consigliato, lana non lavata, ricca di untume: vi scorrerà molto più facilmente tra le dita. Se per qualche motivo avete tolto alla lana l’untume lavandola, dopo la cardatura e prima della filatura potete ungerla un po’ con lanolina (estratto di grasso di montone) o con olio di oliva. Sedete comodamente, a gambe leggermente divaricate, dopo aver indossato un ampio grembiule.
Tirando con il pollice e l’indice, date la forma di uno stoppino grosso circa 1,5 cm alla lana cardata che tenete nella mano sinistra. Tirate in modo da ottenere una striscia larga circa 5 cm e lunga circa un metro (fig. 5). La striscia deve essere molto sottile, quasi trasparente. Fissate alla tacca praticata al centro del fuso qualche centimetro della striscia di lana e fissatene l’altra estremità a una punta del fuso. Sfilacciatela e attaccatela alla lana che andate filando facendola girare.
Con la destra fate girare il fuso attorno al proprio asse in senso orario, come una trottola. Il filo deve essere abbastanza teso, ma non troppo, in modo che il fuso formi con il ginocchio un angolo molto aperto. Questa rotazione trascina il filo che si avvolgerà torcendosi attorno al fuso; il filo deve scivolare verso la parte più sottile del fuso, verso il basso, contro la vostra coscia. Continuate a far girare il fuso tra il pollice e l’indice della destra: il filo iniziale si avvolgerà perfettamente attorno al filo di attaccatura del fuso. Continuate a far ruotare il fuso mantenendo il filo piuttosto teso e conservando il medesimo angolo tra il filo ottenuto dalla lana e il fuso. Con la mano sinistra — e qui sta la difficoltà, poiché i movimenti non sono gli stessi per entrambe le mani – continuate a prendere un po’ di lana sempre torcendola in senso inverso. Dopo aver filato circa 50 cm, al centro del fuso cominciate a fare un gomitolo avvolgendo il filo e incrociandolo su se stesso come la corda di un aquilone (fig. 6). Lasciate sempre una buona ventina di centimetri di lana non avvolta. Imparerete ben presto il metodo giusto per filare, e cioè: con una mano date alla lana la forma di stoppino, con l’altra fate ruotare il fuso.
Lasciate scorrere tra il pollice e l’indice della sinistra una piccola quantità di peli e, mentre tendete bene il filo proveniente dal fuso durante la torsione dei peli, tirate leggermente in senso contrario con la sinistra. Troverete senz’altro una certa difficoltà all’inizio, dovendo fare queste due operazioni simultaneamente, ma non prendete la cattiva abitudine di preparare prima lo stoppino e poi di filarlo, che è un procedimento molto giù lento. All’inizio il filo si romperà spesso, ma è facilissimo unirlo nuovamente: svolgete il filo già filato per circa 4 o 5 cm, sovrapponete le fibre di questo filo e quelle dello stoppino spezzato e fate ripartire il fuso. Il filo risulterà certamente disuguale, ora grosso, ora troppo sottile: non perdete la pazienza; all’inizio l’unica preoccupazione deve essere quella di fare un filo robusto, cioè ben ritorto; le disuguaglianze di filatura possono diventare un elemento molto interessante al momento della tessitura.
Quando il gomitolo formatosi sul fuso è abbastanza grosso (tra 50 e 100 g), svolgetelo e fatene una matassa. Se qualcuno vi aiuta, meglio, altrimenti formatela aiutandovi con la spalliera di una sedia ben stabile, dopo aver preso la precauzione di fissare un’estremità del filo per evitare che la lana si ingarbugli o scivoli. Riponete quindi la matassa annodando insieme le due estremità del filo; ma non stringete troppo: se poi volete tingere la matassa, la lana deve essere piuttosto lenta.
Tenete presente che una filatrice al fuso, per quanto esperta, non riesce a filare più di 250 g di lana al giorno.
Filare deve essere per voi uno svago, una distensione; non misurate il piacere in grammi o in metri.
Partendo dal principio di parlare in questo libro solo di quegli utensili di artigianato che potete costruire da voi, non tratteremo la filatura mediante filatoio a pedale, ma solo quella con la conocchia.
La conocchia
Dopo una certa pratica con il fuso, potete iniziare la filatura con la conocchia. Per costruirla prendete un bastoncino grosso circa 1,5 cm e lungo 100-120 cm, e altri due del medesimo diametro lunghi uno 15 cm, l’altro 20 cm. Fissare il più piccolo con un incastro a metà spessore a circa 10 cm di distanza da un’estremità del bastoncino più lungo, quindi il secondo a 10 cm dal primo (fig. 7). Si può
anche sostituire il bastoncino con un sottile ramo d’albero o con vimini. A 20 cm dall’estremità inferiore fate un cappio con un rametto elastico o con un giunco e fissatelo alla conocchia (fig. 8). Attaccate alla « croce di Lorena » un bel batuffolo di lana cardata, senza comprimerla troppo. Si può lavorare in piedi o seduti, ma all’inizio vi riuscirà più facile in piedi. Infilate l’estremità libera della conocchia nella vostra cintura, fissatela alla spalla sinistra con un nastro che formi un piccolo cappio in cui la conocchia possa girare liberamente. Mentre con la sinistra prendete dalla conocchia, tirandoli tra pollice e indice, dei piccoli batuffoli di lana cardata, con la destra fate girare il fuso che, mediante il suo stesso movimento, torcerà la lana fino a formare un filo robusto (fig. 9).
La lavatura
Più la lana è di buona qualità, più è ricca di untume. A volte, tra untume e impurità varie, un vello può perdere nella lavatura metà del suo peso. L’untume è anche un detergente: potete rendervene conto toccando il pelo con le mani sporche; in breve tempo la sporcizia se ne andrà. Perché dunque togliere l’untume alla lana? Per toglierle l’odore sgradevole, per renderla più soffice, per poterla tingere.
Esistono svariati procedimenti per sgrassare la lana: il più antico ed efficace consiste nell’immergerla in urina fermentata e poi risciacquarla abbondantemente con acqua non calcarea.
Un procedimento più moderno è quello di usare sapone di Marsiglia in scaglie precedentemente sciolte in acqua calda, e di risciacquare poi con abbondante acqua pulita. O ancora, mescolare 1 o 2 decilitri di ammoniaca con 15 litri di acqua, lasciarvi la lana immersa per un’ora abbondante, quindi risciacquare con acqua pulita. La lana sarà ben sgrassata quando sulla fibra si formeranno piccole gocce d’acqua. Infine, esistono liscive speciali per lana con le quali non è necessario scaldare l’acqua.
Volendo togliere parzialmente l’untume prima della filatura, lasciare la lana in un bagno a cui sia stato aggiunto sale grosso marino (due pugni per ogni chilo di lana). Lasciare a bagno per tutta la notte, quindi risciacquare in acqua pulita.
Tenete presente che l’acqua calcarea rende ruvida la lana: se non avete un apparecchio per togliere il calcare all’acqua, usate degli ammorbidenti nell’acqua di risciacquo.
Al momento del risciacquo non torcete mai la lana e non usate la lavatrice: dopo non riuscireste più a dipanare i fili.
Per fare asciugare la lana chiudetela in un sacco di tela o in una vecchia federa di cuscino e ponetela su un asciugatoio.
In seguito stendetela su un graticcio fissato al suolo con quattro paletti, in modo che l’aria circoli liberamente e la lana non ammuffisca durante l’asciugatura. Si può anche farla asciugare su una corda per panni.
Evitare assolutamente di fare asciugare la lana vicino a fonti di calore, come termosifoni o camini, perché perderebbe elasticità e morbidezza.